che hai una testa, per governare.
e trovare soluzioni. e pensare strategie.
che hai l'istinto, per essere pronta.
e decidere, e fare, anche in mezzo alla tempesta, anche senza tempo.
che hai il cuore a scaldare, sempre.
che hai la pelle, per separarti dal mondo.
e proteggere sangue e vene.
e anima.
per resistere, più a lungo.
anche quando la testa e l'istinto no.
Anche quando il cuore rallenta.
Ma senza pelle,
senza pelle non puoi.
Sensibilità è la capacità di sentire. Di lasciar entrare sotto pelle, fin nelle viscere, e scuotere, rimestare, sedimentare.
È la capacità di percepire, come se la tua di pelle fosse quella di chi ami.
È la capacità di ascoltare e sapere, prima. Prima che arrivi il brivido, prima che il dolore punga, prima che la lacrima si affacci, prima che il cuore si scaldi.
È la capacità di accogliere, e di custodire. È la capacità di non infrangere, eppure di essere fragili, e lasciarsi scheggiare, e a volte rompere.
È una dote rara, troppo spesso pretesa e difficilmente ricambiata.
Di spazi vuoti. Di tempi lunghi. Di fare nulla. Di silenzi. Di pensieri liberi. Di riposo (dicono). Di riappropriarsi. Di distendersi in tutto lo spazio e il tempo che solo tu occupi. Di respiri profondi. Di me.
Di apnee. Di lunghe video chiamate che però i mozzichi da li non si possono dare. Di tracce. Di minuti cercando rimasugli di profumi in una stanza vuota. Di attese. Di mancanze.
-sto partendo, torno subito che senza di voi mi sento nudo.
parole che arrivano dal bel mezzo di un inaspettato momento di solitudine, in occasione di un matrimonio di amici. In mezzo alla catastrofica ripianificazione di tempi e spazi per imprevisti che non avresti voluto. Che una polmonite a luglio alla tua bambina proprio no. Che d'improvviso lei diventa davvero piccola, ma con una grinta che ci vogliono quattro infermieri più te per inchiodarla al lettino ed infilarle un ago. Che però è sempre lei che corre per i corridoi dell'ospedale cantando, fa gli occhi dolci ai medici e diventa la mascotte delle infermiere. Che allora cambia tutto, e non si parte più. Per quel piccolo presepe che ti riconcilia con il mondo da anni, che ha raccolto sorrisi e lacrime nei momenti in cui eri finalmente lontana da tutto e da tutti, al tramonto, all'alba. Quel gioiello piccolo che ti ha accolta, e che finalmente avrebbe accolto anche Lui, e tutti e quattro. E l'aspettavi questa partenza come una boccata di ossigeno piena dopo un anno di apnee e asfissie che sembra non finire più.
Ma la vita ha fantasia, e ti muove le carte sotto il naso. E ti ritrovi chiusa in casa per due settimane dove il panorama più ampio comprende lavoro, casa, ospedale, farmacia, pediatra. E scopri, di nuovo, che ci sono risorse nascoste perchè incredibilmente non impazzisci. Scopri il gusto di uscire quando la città si sveglia. Torni in quel posto che è un pò casa. Trovi il tempo di guardare avanti e tentare di aprire nuove strade. Eppure. Eppure un momento di pace, di evasione, di solitudine lo pagheresti oro. Perchè poi si sa che la cattività rende gli spazi più angusti e lascia che escano aculei e che pungano fastidiosamente.
E un pò hai paura che di nuovo gli equilibri si infrangano, per quelle piccole crepe. Così stai lì, col fiato tirato per non muovere troppo l'aria.
E osservi. e aspetti.
E poi Lui, che parte per andare a quella festa che doveva essere l'inizio della vacanza di noi tutti insieme. E pensi che un pò lo invidi, che gli farà bene, così il rischio di implosione sarà scongiurato.
E invece Lui ti scrive quelle parole. E allora lo sai, che questa vita faticosa e folle, con Lui e con due figli che non sono i suoi, con un ex marito che è ancora così presente, con gli scontri, i musi, e tutto quello che ci vuole per tenerla insieme, per cui hai lottato e in cui hai creduto,