22 maggio 2013

PRIORITA' e DIRITTI








da myblogpensierieparole.blogspot.com




Priorità è il sorriso del tuo bambino.
Priorità è il suo benessere, la sua serenità, la sua possibilità di vivere il suo mondo e la sua vita al 100%.
Priorità è che tutto ciò gli sia possibile.
SEMPRE.
NONOSTANTE TUTTO.
CONTRO CHIUNQUE.

Diritto è ciò che spetta ad un individuo, bambino o adulto.
Ciò che garantisce che ogni bambino sia uguale agli altri.
Ciò che deve costituire una Priorità
per un genitore
per una scuola

(Esiste una dichiarazionedei diritti del fanciullo che ha solo 54 anni ma forse non sempre è ben conosciuta...)

Ogni bambino nella sua interezza e nella sua originalità ha pari diritti, e la società deve garantirgli che essi siano rispettati.
E' dovere di un buon genitore accertarsi che ciò avvenga e lottare per questo.

Non di un genitore ansioso, rompiscatole, preciso, esigente
di qualunque genitore, di qualunque bambino.
Chiedere che si arrivi a compromessi bonari su questioni di diritto è fuori luogo, è illegale,
è SCANDALOSO.

Questo è ciò che credo, nero su bianco.

Questo è ciò che mi ha mosso nella mia "lotta" per i diritti di mio figlio.

Che sono il diritto a vivere un campo scuola adeguato a lui, in cui lui abbia pari opportunità e pari trattamento degli altri bambini.
A cui lui ha il diritto di non rinunciare.
Che, insisto, sono pari ai diritti degli altri bambini, qualunque siano le loro condizioni di salute, o sociali, o familiari.
Tanto più perchè mio figlio frequenta una scuola pubblica.
Una scuola pubblica che ha il DOVERE di rispettare equamente i DIRITTI di tutti i bambini.
Mio figlio è celiaco, una patologia che colpisce un individuo su 100, diffusa quindi ma ahimè non così ben conosciuta. Molte leggende. Molte informazioni sbagliate e approssimative.
Non starò qui a farvi una lezione di autoimmunità e celiachia, nonostante io sia un biologo patologo clinico, dottorato in Endocrinologia e Medicina Molecolare, che fa ricerca da 13 anni nella facoltà di Medicina di una delle più note Università di Roma, Università nella quale sono docente. Non è per tirarmela, è solo per chiarire che so di cosa parlo non perchè sono una madre informata, ma perchè ho studiato, e perchè sapere queste cose fa un pò parte del mio lavoro. Ho un livello di preparazione più alto della media.
E non vado in giro a sbandierarlo, e credo quasi nessuno a scuola di mio figlio sappia queste cose, ma forse invece sarebbe stato meglio sottolinearle.
Ora, esiste una legge che garantisce ad un bambino celiaco di avere un pasto adeguato e certificato nella mensa scolastica. E la mensa scolastica viene controllata scrupolosamente dal comune, e ci sono molte carte da consegnare.
La mia assurda idea era quella che in un'attività come una gita scolastica la scuola si sarebbe preoccupata di garantire lo stesso trattamento, come d'altronde dice la legge.

E INVECE.

A pochi giorni dalla partenza mi rendo conto che è previsto un pasto in pizzeria. Quando chiedo se è una pizzeria attrezzata con due forni c'è una caduta collettiva dalle nuvole "che io mica le so tutte queste cose...senta, faccia una cosa, perchè non chiama lei?"
E così io chiamo.
Nell'ordine:
l'agenzia
il ristorante
l'albergo
tutti disponibili, a fare attenzione nonostante non fossero legalmente certificati a cucinare per celiaci.
La trovo una soluzione poco professionale ma mi fido.
Ancora non so nulla della pizzeria.
E' Lunedì sera e la gita è mercoledì mattina.
Martedì mattina vado a scuola, alle 12 mi mettono in mano il nome della pizzeria: PIZZERIA Napoletana, non prevista pizza gluten free, non certificata.
Mio figlio lì non può andare. Mi innervosisco, lo ammetto.
Parlo con un tipo del Consiglio di Istituto, che dice di essere delle cose e si da un gran tono, ma poi, io che sono delle cose ma non lo dico, lo sento dire molte inesattezze e superficialità, e non sono poi tanto convinta che lui sappia occuparsi del problema. Preferirei proprio parlare con la preside che sicuramente risolverà la cosa. così aspetto e aspetto un'intera mattinata e alla fine la preside arriva.
Le parlo. Sembra indignata, come è possibile? chiamiamo!
Chiama. parla al tel con l'agenzia, esige certificati, minaccia di non mandare nessun bambino, parla di azioni legali. Boh. Forse non lo sa che i certificati sono forniti a strutture preparate, attrezzate in un certo modo, con personale che ha fatto dei corsi...non si possono rimediare. Provo a intervenire e a dire che vabbè, albergo e ristorante fidiamoci, facciamo partire i bambini, però ecco, la pizzeria...non si può trovare una pizzeria attrezzata per il gluten free? Parlo anche io con l'agente, si indispettisce che io gli suggerisca di cercare strutture diverse, mi insulta, mi suggerisce di tenermi mio figlio a casa. Cerco di stare calma. Ripasso il tel alla preside che dice all'agente di trovare questa pizzeria, e basta, sennò la gita non si fa.
Lei è soddisfatta, vedrai che la trova.
Il tipo del CI tronfio e soddisfatto dice che chiamerà lui nel pomeriggio, tranquilli. Poi farà sapere.
Vado via, è ora di uscita, prendo Edo.
-Mamma che ci facevi a scuola?
-Dovevo sistemare delle cose amore. Guarda, mamma e papà hanno fatto tutto il possibile, e anche la maestra, si sono tanto impegnati ma purtroppo in gita in alcuni posti tu mangerai delle cose diverse dagli altri. Mi dispiace ma è andata così, la prossima volta andrà meglio, ma l'importante è che ti diverti,vero? che dici?
-Vabbè mamma, tanto poi la maestra ci ha detto che mangiamo la VERA pizza napoletana!!!
-Mmmm...ecco Edo....forse la pizza tu non la mangerai...
Tragedia. Pianto. In perfetto stile Mario Merola lui esprime il suo disappunto.
Lo consolo, ci provo...ma per me è difficile rispondere alle sue domande :Ma perchè non vanno su internet e trovano una pizzeria che va bene pure per me? Allora io non ci vado, basta!
mamma non lo so se questo dispiacere mi passa, io in gita non ci vado!
Il pomeriggio prosegue, e alle 16.15, quando ho preso anche la nana minore scoppia la bomba.
Telefonate dalla maestra, da altre mamme, dal tipo del consiglio di Istututo: la gita è stata annullata, domani non si parte. Pa.re che l'agenzia dopo tante rotture di scatole abbia detto che la responsabilità per quel bambino non se la prende che poi s egli succede qualcosa la madre fa un macello
Al tel becco gli insulti del tipo del CI "Hai voluto parlare con la preside ed ecco il risultato, brava. se tu fossi stata intelligente avresti lasciato fare me" (il supereroe...)
La maestra mi intima di andare a scuola immediatamente a prendermi la responsabilità di quello che ho fatto, che siccome Edo non voleva venire non ho fatto partire nessuno (ma dice davvero???? non ci posso credere)
"Ci sono bambini in lacrime disperati perchè qui hanno detto che per colpa di un bambino di 2a con le intolleranze alimentari la gita non si fa" mi dice un'amica al tel..."ma che è Edo?"
Sono allibita.
mollo i nani alla suocera e volo a scuola.
Pubblica gogna. Colpa mia. Ho fatto annullare la gita.
Spiego come sono andate le cose. Le maestre sono senza parole, non sapevano nulla.
Alcune mamme capiscono, mi manifestano il loro appoggio nonostante il dispiacere per i bambini. Sono indignate di una tale carenza della scuola.
Altre no.
Io ho sbagliato. Mio figlio deve abituarsi ad essere discriminato, la sua vita sarà così, sbaglio a cercare di proteggerlo. Sono una madre ansiosa. Il problema è mio. Non dovevo mandarlo. Lui non è come gli altri bambini bisogna che lo capisca, inutile cercare di fargli fare le cose come gli altri.
Il tipo del CI continua a raccontare di come io ho fatto saltare la gita...lui è lì perchè ha dovuto spiegare ai bambini cosa era successo...
La preside non c'è. La responsabile delle gite neanche.

Da qui partono 48 ore di linciaggio pubblico.
La mattina dopo a scuola Edo è stato inseguito da alcuni bambini che volevano fotografarlo (e a suo dire lo hanno fatto) perché è celiaco.
Nel XXI secolo.
In una scuola di Roma.
Il pomeriggio stesso io e il papà abbiamo subito il processo pubblico da parte dei genitori della classe, della maestra e del tipo del CI. Nel parcheggio della scuola perché la preside aveva interdetto le maestre dal fare qualsivoglia riunione dentro le mura scolastiche.
Ho tentato di spiegare a madri arrabbiate cosa fosse successo. Con le continue interferenze accusatorie del tipo , e anche della maestra. Perché io sono stata egoista. Perché io sono stata capricciosa. Perché io quando ho compreso che la gita non era adatta a Edo dovevo decidere di non mandarlo e permettere a tutti gli altri di andare.
Ho tentato e forse alla fine, dopo altri 5 giorni, molte mamme hanno capito.
Li io e il mio'ex abbiamo capito che la priorità era di farli partire, che nel frattempo la gita di tutte le altre classi era stata riautorizzata e posticipata. Così abbiamo aiutato tutti i genitori a scrivere alla preside, che non c'era, e accettato il compromesso assurdo che io andassi in gita per vigilare e garantire la salute di Edo.
Mi sono sentita costretta all'angolo, obbligata a scegliere ciò che non ritenevo giusto: obbligare lui ad un accompagnamento del tutto fuori luogo, lasciare la nana minore nei giorni del suo compleanno e dei suoi saggi di musica e ginnastica.
Ho detestato ogni aspetto di questa folle situazione.
E comunque non ero serena nel portare Edo in posti che non erano adatto a lui. Avrei dovuto prenderlo ad ogni pasto e portarlo altrove...insomma, era una soluzione che non mi andava granchè giù.
La gita viene autorizzata, la stessa gita. Tutti soddisfatti che il gruppo ha vinto questa battaglia. Bisogna stare uniti. Non si rendono conto che non è un gruppo se non tutti sono rispettati, ma decido che non è più un concetto che credo possano capire.
Rifletto a lungo. Rifletto con il papà, e la nostra unione in questa situazione ed i nostri rapporti ben più che amichevoli sono stati una vera benedizione, e con enorme sofferenza decidiamo che Edo non sarebbe potuto partire e che lo avremmo detto solo all'ultimo.
La sera di giovedì mi chiama la maestra, soddisfatta. Le dico che Edo non partirà, mi prega di andare il giorno dopo a scuola, la gita è diversa.
Andiamo, tra freddi saluti e chiacchiere di fondo, non firmiamo la liberatoria e andiamo dalla maestra.
Si presenta con la nuova autorizzazione in cui è miracolosamente comparsa la clausola che dice che la scuola è responsabile di garantire che siano rispettate tutte le norme vigenti per il trattamento alimentare di situazioni particolari, etc etc.
Io non sono troppo convinta ma firmiamo. Spiego alla maestra a cosa e come stare attenta, lei mi dice che io devo superare il mio problema con la celiachia e che sono una rompipalle...
Non ci fornisce nessun nome ne di albergo ne di locali vari, la preside lo ha vietato.

Lunedì mattina Edo è partito.
Da ciò che so nessuna struttura era certificata.

I risvolti grotteschi della vicenda non sono finiti e non ultimo c'è l'articolo che la preside ha scritto come giornalista sull'huffington post, descrivendo una versione dei fatti ben diversa, e dopo essere sparita dalla scuola e non aver fornito la benchè minima spiegazione a genitori o alunni.

Lascio a voi ogni riflessione, io sono esausta.

Io è il papà di Edo abbiamo deciso di non fermarci, perché queste cose non succedano ancora e scriveremo a chi di dovere.
Vi farò sapere.

È un post di sfogo, di doveroso diritto di cronaca.

























3 maggio 2013

Quando meno te l'aspetti

Accadono cose. Accadono in un pomeriggio come tanti, quando non te l'aspetti.
Che la vita a volte ti travolge, tu sei in un turbine e non hai sempre tempo di pensare ma solo di andare. Ed é andando che ti accorgi di non essere felice, che la vita che hai costruito non é quella che volevi,che l'uomo che hai accanto non é come lo avevi immaginato. E inizi una lotta prima contro le cose, poi contro di te, poi contro di lui. Il vaso si rompe, i pezzi non si aggiustano, un passo dietro l'altro, rapida, ti ritrovi sola, libera. C'è ancora tanta strada e tante battaglie da fare, e ci provi a dare il meglio di te, ancora. E la paghi cara ma lotti perché ci sono i bambini da tenere al sicuro, perché i toni si smorzino, perché tutto sia civile e dignitoso, perché nulla di irrecuperabile venga detto o soprattutto fatto. Perché un giorno si possa ricostruire e recuperare, un modo nuovo ma civile e sereno per loro.
E lui é immutabile, non ha voluto tentare, non ha mai voluto cambiare, non ha mai chiesto una seconda possibilità, non. Mai.

La vita va avanti, con i suoi percorsi, le sorprese, momenti oscuri e momenti luminosi. Non si ha sempre la possibilità di mettere le cose in fila, dopo. Perché ti trovi a rifarlo da sola. Ipotizzi. Fai illazioni su quella parte che non é tua. Che non sai.
Ed è come se poi un pezzo mancasse, é una verità che accetti ma nel profondo ti chiedi se sia proprio quella la versione vera o se invece, chissà.

Arriva un pomeriggio, come tanti. Buoni rapporti che ti fanno crescere i bambini insieme, nonostante tutto. Prendersi cura di loro prima di tutto. Incontrare una psicologa e scoprire un po' il fianco per loro.
E qualcosa succede. Una breccia si apre. Quella rifiutata e sigillata con cura nella tempesta.
" sei la donna più importante della mia vita e mi dispiace ma io non ho voluto provarci. Si era aperto uno spiraglio e io ho colto l'occasione per scappare, non ne potevo più "

Parole nette, reali. Suoni. LA spiegazione. L'altra metà dei fatti. Il tassello mancante, così, per caso.
Che scuote la polvere.
Che hai difeso te stessa dal senso di colpa perché ci hai provato fino all'ultimo.
Che hai sostenuto le accuse di tuo figlio perché con un muro non puoi lottare.
Che hai avuto ragione.
E che ora che lo sai, ora si che é finita.

17 aprile 2013

IO VOGLIO RESTARE

Ci siamo arrivati. Anzi, ci siete arrivati. Ora. Al punto in cui "questo paese è impossibile, bisogna andarsene".
Benvenuti.
Io in questo mood ci navigo da anni. Da quando ho capito che la scienza e la ricerca sono il mio lavoro. Non è che solo mi piacciono, è che io faccio fatica ad immaginare di fare altro.
E questo qui non è un paese per la scienza. Fare ricerca di base nel settore medico poi, all'Università e senza santi in paradiso equivale al suicidio. Non voglio star qui a tediarvi con gli scenari a cui assisto quotidianamente, alcuni li ho descritti già, ma sappiate che è davvero difficile. Si tratta di RESISTERE, in primis. Di avere fortuna e poi ah si, forse di essere anche bravi.
fatto sta che lo spettro dell'emigrazione ti si attacca addosso fin dal secondo giorno di laboratorio, e non ti molla più.
Prima perchè DEVI fare un'esperienza all'estero, perchè DEVI vedere come è la realtà, DEVI misurarti con un vero laboratorio, con dei veri ritmi di lavoro, con la vera ricerca.
E già qui la vena polemica potrebbe iniziare ad impennarsi un tantino, perchè in questo continuo modo di denigrare tutto quello che abbiamo sotto il naso c'è un pò anche il male. Si fa parte del gioco, quello in cui li italiani sono scansafatiche, lavorano male, sono menefreghisti, non si dedicano etc etc.
Ecco, IO NO.
E non sono sola eh, UN SACCO DI GENTE NO.
la verità è anche che chi invece resta qui si fa il culo doppio, con la metà della metà delle possibilità, con la metà della metà della metà della metà dei soldi, dei riconoscimenti, del supporto, degli stimoli, degli imput.
Impari l'arte di arrangiarti, E sapete? la povertà aguzza l'ingegno, è vero, è sacrosanto.
Oggi il paese va a rotoli. Paradossalmente noi che facciamo questo lavoro siamo più preparati di voi, è da un pezzo che navighiamo nella cacca, nell'assenza di soldi, nel lavoro gratis, nella precarietà, nel downshifting.
Oggi partono tutti.
Ed è lecito perchè io lo capisco, e mi sono interrogata sull'ipotesi di partire anche io fino a poco tempo fa.
Perchè la pressione che subisco è a volte insostenibile. Perchè vivere in questo paese è enormemente difficile. Perchè i miei figli potrebbero apprendere uno stile di vita che a me non piace. Perchè io potrei non farcela, nonostante tutto. Perchè vuoi mettere? Il lavoro che ti piace, fatto bene. I soldi. Le scuole per i bambini. L'assenza di burocrazia. L'efficienza. poi puoi tornare un week end ogni tanto e fare il turista, e così l'Italia è molto meglio.
Poi però ho capito una cosa, che IO VOGLIO RESTARE.
Perchè non sarebbe una partenza, sarebbe un esilio.
Perchè lascerei cose a cui io do valore, ed è un valore che non è inferiore alla vivibilità o al benessere economico. E sono arrabbiata, all'idea di dover scegliere in cosa devo stare male, perchè il bene pieno non posso averlo, nonostante io non mi sia mai tirata indietro.
Ma ho capito che non è una lotta gli uni contro gli latri. Che non devi andare via per forza e poi guardare l'Italia dall'alto in basso perchè forse cerchi così disperatamente il tuo alibi per aver fatto la scelta giusta, perchè poi nel tuo cuore ti manca la tua vita in Italia. Che non devi restare per forza. Che non è il lavoro una scelta più nobile della famiglia. Che non è lo stipendio una scelta più valida degli amici. Che non è la scuola pubblica e funzionante una scelta più giusta del calore umano. Che non è la vita senza traffico una scelta più valida del clima di Roma, della passeggiata in centro, delle mille possibilità culturali.
La vita è una e ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di viverla nel modo che ritiene più giusto, con lo spirito che lo fa sentire meglio. Ogni giorno. In ogni piccola cosa. Con ogni persona.
perchè poi alla fine la società è fatta di persone. E faccio fatica a spiegare alcune cose a mio figlio, di questa sconcertante indolenza che regna in questo paese spesso e che ci porta sull'orlo della distruzione. Ma credo che oggi per lui contino di più altre cose. Credo che oggi lui si guardi intorno e respiri l'aria e il calore di chi ha intorno. Credo che anche per me sia così. Quando torno a casa dopo un viaggio e penso che Roma mia, quanto sei bella. Quando faccio due passi e mi perdo per le strade del centro, con il sole tiepido del pomeriggio romano. E tanti tanti altri motivi.
E non metto la testa sotto la sabbia. Combatto. Forse con l'illusione che avevo a 17 anni, quando picchettavo i cancelli di scuola perchè protestavo. Forse perchè sono una sognatrice. forse perchè amo le sfide e se non è difficile non mi piace.
Forse perchè io la torta la voglio tutta. E voglio fare questo lavoro, e gioire dei miei risultati in un seminterrato del policlinico di Roma. E voglio mettermi i sandali ad aprile. E voglio perdermi per Trastevere. E il giorno dopo andare al mare. E voglio andare a vedere la pietà di Michelangelo quando mi pare. E scegliere un teatro o un cinema tra millemila. E vedere i miei figli che ridono con i loro nonni e la loro complicità. E fare i complimeti ad una maestra ceh ci mette l'anima e che sta crescendo mio figlio con me, nel miglior modo possibile. Perchè voglio pensare che io posso crescere i miei figli ad essere migliori, ed esserlo io.
Perchè resto qui, ma resto non per essere parte di quella massa informe che fa così ribrezzo a tutti, ma per combatterla.
perchè resto qui perchè qui sono scomoda, ed è di persone scomode che questo paese ha bisogno.
Non me ne voglia chiunque abbia fatto una scelta diversa, semplicemente, a ciascuno la sua, con i leciti dubbi e momenti di sconforto, che a fare muro contro muro ci si perde soltanto.
Cheers


e questa ci sta tutta :)



9 aprile 2013

and just forget the world

Due mesi senza una parola nel mio spazio salvo, questo.
Due mesi. 60 giorni. Densi. Vuoti. Di pioggia, e freddo, e ombra. Di pensieri di catrame. Di goffi tentativi di leggerezza. Di nuvole. Di silenzi cercati,  e di parole non volute. Di isole e derive. Di assenze. Di presenze rare, scomode, inutili. Di confronti non voluti. Di opinioni non richieste. Di scavare e nascondersi. Di quel violento riproporsi di quello che non volevi, che non l'hai chiesto e che vaffanculo.
Di strada, sempre. Scura. Nascosta. Buia. Tortuosa. Isolata. Umida. Che ti si appiccica ai vestiti. Che non si capisce più dove, e come, nè verso cosa.
Che non lo sai cosa c'è, dopo. Che l'apparenza inganna. Che zitti tutti, io scendo.



forse dovrei fare yoga

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