24 luglio 2016

lascia andare

non posso lasciarlo andare, questo posto. L'ho pensato tante volte, e tante l'ho scritto.
Perchè è così prezioso, che non posso proprio.
Ne ho tante da dire, e da raccontare.
Di tempeste, infuriate e violente, di ricchezze, di paure, di vita.
E adesso, che la tempesta è passata, e mi ritrovo con una me che non riconosco, sopravvissuta e sopravvivente, adesso non posso non tornare qui. Usare questo spazio come una scialuppa, che mi porti al di là di tutto questo, oltre.
Oltre i capelli che riscrescono, oltre il corpo che tornerà come era, oltre le energie, ceh recupererò, oltre ogni dettaglio sfiancante che si aggiusterà, oltre le infinite fatiche, per cui sembro non avere più energie, o fantasie.
la malattia cambia le persone. No. Io non voglio cambiare. Io voglio restare me. Riprendermi me.
E magari, comincio da qui.

17 ottobre 2014

(maybe not) THE END




c'è stato un momento, di qualche giorno fa, in cui ho pensato di dover scegliere se chiudere questo spazio o no. In fondo non riesco più a stargli dietro. In fondo non ho tempo. In fondo ci sono così troppe cose.
In fondo.
Poi arriva una giornata così.
Che saranno le 4 ore di sonno. Sarà che è venerdì 17.
Sarà.
Ma questo spazio il suo perchè ce l'ha.
Quello dei silenzi, e delle urla soffocate.
ma anche di quelle gridate.
Quello dei pensieri sciolti, senza mediazioni.
Quello di ME.
Questo ottobre è un ottobre di fine percorsi. Tanti punti importanti, definitivi. Grandi. Di quelli che poi te li ricorderai ad ogni passaggio di anno, guardando un calendario.
Che si meriterebbero un THE END della Metro Goldwin Mayer.
Che un pò spaventano, ma ti accorgi anche che le spalle ora sono larghe. E che è il momento.
E però qui un punto non lo metto ancora,
chissà...


10 agosto 2014

Con gli occhi (e il cuore) di un bambino

Purtroppo è successo. Che una persona cara se ne sia andata. Che era diversa da me, come la notte e il giorno. Che abbiamo avuto momenti di scontro violenti, momenti durati giorni, o anni. Che in fondo ognuna di noi faceva solo la madre, e a volte ruggiva. Che poi però siamo state un po figlia ,io, e un po madre, lei, l'una per l'altra. In questa famiglia così particolare che è la mia. Che è costata urla, e graffi, e lacrime. E rabbia e silenzi. Ma che è un dono prezioso. Perché lei io l'ho potuta piangere come una figlia, tra le braccia di suo figlio, il padre dei miei. Accanto alla sua vera figlia, che non condividiamo il sangue ma siamo sorelle. E stringendo i miei bambini. 
Ed il mio, di figlio, mi ha mostrato il suo cuore grande, quando ha voluto salutare sua nonna come un grande. Quando mi ha detto "io non voglio piangere mamma, perché io piango quando qualcuno mi fa qualcosa di male, e nonna non mi ha fatto niente". 
Io ho questo dolore grande nel petto, quello che ti lascia il vuoto, il distacco da chi ha avuto tanto da darti, e forse lo aveva ancora. E tutto questo è ancora più grande al pensiero dei miei bambini, che hanno perso la loro nonna. Che mi gridano che non è giusto, perché loro sono piccoli. Che si chiedono perché. Ma che mi mostrano anche quanto siano in grado di viverlo quel dolore, avidi di risposte e dettagli. 
È così che vede un bambino, più lontano di un adulto, più coraggioso a volte, più consapevole. È così che Lulu ha voluto stare attaccata alla sua nonna fino all'ultimo, perché era felice così e non le faceva impressione, era la sua nonna. E che Edo ha voluto salutarla al funerale, che lui lo sapeva benissimo che dentro la bara c'era nonna ma non importava, lui voleva salutarla. E la loro determinazione ha scalfito i miei dubbi e il mio istinto di protezione, come non avrei pensato. 
Ed è così che con gli occhi e il cuore di un bambino abbiamo potuto salutarla tutti insieme. 

25 luglio 2014

Una vita fa

Chissà come ti arrivano certi ricordi, nitidi, freschi. Che neanche sapevi di averli ancora. 
Un pomeriggio d'estate, di tanti anni fa, quando ancora c'era un -teen a classificarti. 
Una villa grande e libera, che mamma e papà sono in vacanza, e tanti amici. Festa in piscina. Gente che va e viene. 
L'amico di turno. Quello un pó dannato, delle lunghe chiacchierate in una nuvola di fumo, con una bottiglia di birra in mano. Io la solita corona con limone, che poi tanto rock non lo ero mica. Lui no, lui era quello coi capelli spettanti, il plettro sempre pronto, già tanti guai da raccontare e perle di filosofia da regalare. 
E quel giorno era la volta degli amici. Mette due o tre bottiglie di birra sul tavolo : vedi Cè? Nella vita gli amici sono come queste bottiglie, a momenti ci si incontra, ci si scontra, poi si prosegue e si resta soli, per poi incontrare qualcun altro.
Cazzate.
O forse no.
Che chissà perché stasera mi ritrovo a pensare a quelle parole, mentre divoro l'ultimo di Murakami che racconta della fine immotivata di una grande amicizia, e mi chiedo quand'è che alcune persone tanto vicine sono diventare incredibilmente distanti. 
Le mancate sorelle, quelle di una vita divisa. Delle dinamiche difficili a volte, ma delle catene forti e resistenti. E invece. 
Chissà che non avesse poi ragione lui, diciassettenne dannato di una vita fa. 

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