17 aprile 2013

IO VOGLIO RESTARE

Ci siamo arrivati. Anzi, ci siete arrivati. Ora. Al punto in cui "questo paese è impossibile, bisogna andarsene".
Benvenuti.
Io in questo mood ci navigo da anni. Da quando ho capito che la scienza e la ricerca sono il mio lavoro. Non è che solo mi piacciono, è che io faccio fatica ad immaginare di fare altro.
E questo qui non è un paese per la scienza. Fare ricerca di base nel settore medico poi, all'Università e senza santi in paradiso equivale al suicidio. Non voglio star qui a tediarvi con gli scenari a cui assisto quotidianamente, alcuni li ho descritti già, ma sappiate che è davvero difficile. Si tratta di RESISTERE, in primis. Di avere fortuna e poi ah si, forse di essere anche bravi.
fatto sta che lo spettro dell'emigrazione ti si attacca addosso fin dal secondo giorno di laboratorio, e non ti molla più.
Prima perchè DEVI fare un'esperienza all'estero, perchè DEVI vedere come è la realtà, DEVI misurarti con un vero laboratorio, con dei veri ritmi di lavoro, con la vera ricerca.
E già qui la vena polemica potrebbe iniziare ad impennarsi un tantino, perchè in questo continuo modo di denigrare tutto quello che abbiamo sotto il naso c'è un pò anche il male. Si fa parte del gioco, quello in cui li italiani sono scansafatiche, lavorano male, sono menefreghisti, non si dedicano etc etc.
Ecco, IO NO.
E non sono sola eh, UN SACCO DI GENTE NO.
la verità è anche che chi invece resta qui si fa il culo doppio, con la metà della metà delle possibilità, con la metà della metà della metà della metà dei soldi, dei riconoscimenti, del supporto, degli stimoli, degli imput.
Impari l'arte di arrangiarti, E sapete? la povertà aguzza l'ingegno, è vero, è sacrosanto.
Oggi il paese va a rotoli. Paradossalmente noi che facciamo questo lavoro siamo più preparati di voi, è da un pezzo che navighiamo nella cacca, nell'assenza di soldi, nel lavoro gratis, nella precarietà, nel downshifting.
Oggi partono tutti.
Ed è lecito perchè io lo capisco, e mi sono interrogata sull'ipotesi di partire anche io fino a poco tempo fa.
Perchè la pressione che subisco è a volte insostenibile. Perchè vivere in questo paese è enormemente difficile. Perchè i miei figli potrebbero apprendere uno stile di vita che a me non piace. Perchè io potrei non farcela, nonostante tutto. Perchè vuoi mettere? Il lavoro che ti piace, fatto bene. I soldi. Le scuole per i bambini. L'assenza di burocrazia. L'efficienza. poi puoi tornare un week end ogni tanto e fare il turista, e così l'Italia è molto meglio.
Poi però ho capito una cosa, che IO VOGLIO RESTARE.
Perchè non sarebbe una partenza, sarebbe un esilio.
Perchè lascerei cose a cui io do valore, ed è un valore che non è inferiore alla vivibilità o al benessere economico. E sono arrabbiata, all'idea di dover scegliere in cosa devo stare male, perchè il bene pieno non posso averlo, nonostante io non mi sia mai tirata indietro.
Ma ho capito che non è una lotta gli uni contro gli latri. Che non devi andare via per forza e poi guardare l'Italia dall'alto in basso perchè forse cerchi così disperatamente il tuo alibi per aver fatto la scelta giusta, perchè poi nel tuo cuore ti manca la tua vita in Italia. Che non devi restare per forza. Che non è il lavoro una scelta più nobile della famiglia. Che non è lo stipendio una scelta più valida degli amici. Che non è la scuola pubblica e funzionante una scelta più giusta del calore umano. Che non è la vita senza traffico una scelta più valida del clima di Roma, della passeggiata in centro, delle mille possibilità culturali.
La vita è una e ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di viverla nel modo che ritiene più giusto, con lo spirito che lo fa sentire meglio. Ogni giorno. In ogni piccola cosa. Con ogni persona.
perchè poi alla fine la società è fatta di persone. E faccio fatica a spiegare alcune cose a mio figlio, di questa sconcertante indolenza che regna in questo paese spesso e che ci porta sull'orlo della distruzione. Ma credo che oggi per lui contino di più altre cose. Credo che oggi lui si guardi intorno e respiri l'aria e il calore di chi ha intorno. Credo che anche per me sia così. Quando torno a casa dopo un viaggio e penso che Roma mia, quanto sei bella. Quando faccio due passi e mi perdo per le strade del centro, con il sole tiepido del pomeriggio romano. E tanti tanti altri motivi.
E non metto la testa sotto la sabbia. Combatto. Forse con l'illusione che avevo a 17 anni, quando picchettavo i cancelli di scuola perchè protestavo. Forse perchè sono una sognatrice. forse perchè amo le sfide e se non è difficile non mi piace.
Forse perchè io la torta la voglio tutta. E voglio fare questo lavoro, e gioire dei miei risultati in un seminterrato del policlinico di Roma. E voglio mettermi i sandali ad aprile. E voglio perdermi per Trastevere. E il giorno dopo andare al mare. E voglio andare a vedere la pietà di Michelangelo quando mi pare. E scegliere un teatro o un cinema tra millemila. E vedere i miei figli che ridono con i loro nonni e la loro complicità. E fare i complimeti ad una maestra ceh ci mette l'anima e che sta crescendo mio figlio con me, nel miglior modo possibile. Perchè voglio pensare che io posso crescere i miei figli ad essere migliori, ed esserlo io.
Perchè resto qui, ma resto non per essere parte di quella massa informe che fa così ribrezzo a tutti, ma per combatterla.
perchè resto qui perchè qui sono scomoda, ed è di persone scomode che questo paese ha bisogno.
Non me ne voglia chiunque abbia fatto una scelta diversa, semplicemente, a ciascuno la sua, con i leciti dubbi e momenti di sconforto, che a fare muro contro muro ci si perde soltanto.
Cheers


e questa ci sta tutta :)



9 aprile 2013

and just forget the world

Due mesi senza una parola nel mio spazio salvo, questo.
Due mesi. 60 giorni. Densi. Vuoti. Di pioggia, e freddo, e ombra. Di pensieri di catrame. Di goffi tentativi di leggerezza. Di nuvole. Di silenzi cercati,  e di parole non volute. Di isole e derive. Di assenze. Di presenze rare, scomode, inutili. Di confronti non voluti. Di opinioni non richieste. Di scavare e nascondersi. Di quel violento riproporsi di quello che non volevi, che non l'hai chiesto e che vaffanculo.
Di strada, sempre. Scura. Nascosta. Buia. Tortuosa. Isolata. Umida. Che ti si appiccica ai vestiti. Che non si capisce più dove, e come, nè verso cosa.
Che non lo sai cosa c'è, dopo. Che l'apparenza inganna. Che zitti tutti, io scendo.



forse dovrei fare yoga

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